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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-09-15 ad oggi 2010-09-17 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)Domani la firma al Ministero, coinvolti gli atenei da Milano a Palermo Sfida "made in Italy" per l'auto elettrica Due i progetti: in campo il meglio delle università e delle imprese MILANO - Una grande alleanza per l'auto elettrica. Per la prima volta industria automobilistica, imprese di componentistica, Università e centri di ricerca si mettono insieme per "fare sistema" e vincere la sfida della mobilità sostenibile. Un piano ambizioso che vede schierate le eccellenze del Made in Italy nell'innovazione e nella ricerca: da Fiat a Ferrari, da Brembo a Piaggio a Pininfarina a Dallara, fino a Eni ed Enel. |
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per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-09-15 Domani la firma al Ministero, coinvolti gli atenei da Milano a Palermo Sfida "made in Italy" per l'auto elettrica Due i progetti: in campo il meglio delle università e delle imprese Un'auto elettrica a Roma (Jpeg Fotoservizi) MILANO - Una grande alleanza per l'auto elettrica. Per la prima volta industria automobilistica, imprese di componentistica, Università e centri di ricerca si mettono insieme per "fare sistema" e vincere la sfida della mobilità sostenibile. Un piano ambizioso che vede schierate le eccellenze del Made in Italy nell'innovazione e nella ricerca: da Fiat a Ferrari, da Brembo a Piaggio a Pininfarina a Dallara, fino a Eni ed Enel. Il punto di partenza sono due piattaforme, una per la mobilità elettrica e l'altra per l'innovazione, che vedranno la luce domani al Ministero dell'Università e della Ricerca. "Le piattaforme tecnologiche rappresentano il punto di incontro dove contenuto scientifico e industriale possono trovare la convergenza" spiega Alessandro Sciolari, direttore di Assoknowledge, l'associazione di Confindustria che insieme all'Ata, l'Associazione Tecnica dell'Automobile, ha promosso l'iniziativa a cui hanno aderito quasi 70 imprese e 17 tra Università e centri di ricerca, con il supporto dei ministeri dell'Ambiente, dell'Università e della Ricerca e dello Sviluppo Economico. L'idea è venuta a un gruppo di aziende, tra cui il Centro Ricerche Fiat, Pininfarina, Dallara, che hanno trovato in Assoknowledge la sponda giusta per accelerare la realizzazione del loro progetto. Strada facendo si sono aggiunte Brembo, Piaggio, Enel, Elettrolux, Indesit, le Università di Roma, Padova, Palermo, Napoli, il Politecnico di Milano e quello di Torino, solo per citarne alcune. Le "bandiere" dell'innovazione made in Italy, insomma, che hanno deciso di stabilire insieme degli obiettivi di ricerca, condividere il lavoro e "fare sistema" per raggiungerli. E per conquistare la leadership in un settore di mercato che sta crescendo rapidamente e che nel 2015 dovrebbe rappresentare il 10% del mercato mondiale dell'auto. "Abbiamo ribaltato l'approccio alla questione: gli obiettivi non vengono più calati dall'alto nelle aziende, senza che queste li abbiano condivisi, ma saranno le imprese stesse a stabilirli insieme, pochi ma chiari, e a perseguirli con il sostegno delle istituzioni". Perché avventurarsi in ordine sparso in un mercato che sta diventando sempre più competitivo non solo non conviene ma può avere come effetto quello di disperdere energie e risorse importanti. E soprattutto di non riuscire ad avere accesso ai finanziamenti europei destinati ai progetti per la mobilità sostenibile. Che è poi ciò che sta più a cuore ai promotori dell'iniziativa. In Italia ce ne sono diversi in stato avanzato: Pininfarina ha già sviluppato un prototipo di auto elettrica, il Centro ricerche Fiat studia da tempo la mobilità urbana sostenibile e a Milano la municipalizzata A2A ha siglato un accordo con Renault per promuovere le vetture a impatto zero che prevede l'installazione di 270 colonnine per la ricarica. L'idea adesso è quella di trovare un punto di incontro tra le diverse iniziative, stabilire le priorità e presentare a Bruxelles progetti concreti per avere più facile accesso ai fondi. A farlo saranno le aziende, a cui poi spetterà il compito di sviluppare i progetti. Ai ministeri coinvolti toccherà invece il compito di assicurare il sostegno necessario in sede comunitaria. L'iniziativa coinvolge anche 17 tra Università e centri di ricerca: "Vogliamo creare una cornice di riferimento affinché i corsi universitari e la ricerca si orientino verso obiettivi condivisi dalle imprese. Credo che in questo modo il sistema possa prendere coscienza delle sue potenzialità" afferma Sciolari. Vincere la sfida, tuttavia, non sarà semplice. "C'è poco tempo e l'Italia è in ritardo - ammette Nevio Di Giusto, amministratore delegato del Centro ricerche Fiat -. L'Europa chiede ai Paesi di avere un interfaccia con cui discutere i programmi ambientali e questa piattaforma mi sembra in tal senso un'iniziativa lodevole. Ma è fondamentale che si stabiliscano poche cose da fare, bene e fino in fondo. Noi abbiamo dato la nostra disponibilità". Il fatto che al tavolo siano stati invitati "i costruttori ma anche chi fa componentistica è importante - aggiunge l'amministratore delegato del Centro ricerche Fiat - per creare attorno alla filiera italiana dell'auto un polo aggregante". Perché il progetto funzioni sarà importante però anche il monitoraggio di ciò che avviene negli altri paesi europei. Per non sovrapporsi e selezionare i filoni in cui si può più facilmente raggiungere l'eccellenza. "Se per esempio l'Italia è indietro nello sviluppo delle batterie elettriche - racconta il direttore di Assoknowledge - mentre la Germania è leader, è inutile presentare a Bruxelles un progetto focalizzato su questo prodotto. Meglio concentrarsi sull'aerodinamica e sul peso delle vetture oppure sulla mobilità urbana". Nessuno per ora scopre le carte, ma chissà che la prima piattaforma non parta proprio da qui. Federico De Rosa Maurizio Donelli 15 settembre 2010
Domande & risposte Come si guidano le auto elettriche I costi, i risparmi, la sicurezza I pregi al volante, i timori per i pedoni: sono troppo silenziose MILANO - Elettrica, d'accordo. Ma, tanto per cominciare, la definizione è vaga. Parliamo di macchine parzialmente o totalmente elettriche? E poi: tutte luci o c'è anche qualche ombra sulla loro strada? Andiamo con ordine. 1 L'auto elettrica si guida come un'auto normale? I vantaggi dell'auto elettrica, rispetto alla "cugina" dotata di motore a scoppio, sono parecchi. Inquina molto di meno, innanzitutto: niente fumo nero allo scarico, niente ossidi di azoto (NOX), niente emissioni di anidride carbonica (CO2). Ma oltre al (prioritario) aspetto della tutela ambientale, non va trascurato quello delle prestazioni: l'auto elettrica ha un'accelerazione bruciante, perché il motore mette a disposizione la coppia massima tutta e subito. La guida, allora, è più sportiva. Più divertente. E quanto a reattività e tenuta di strada non ha nulla di diverso da un'auto con il motore tradizionale. 2 Le auto elettrichesono tutte uguali? No, ci sono quelle totalmente elettriche e quelle ibride. Queste ultime sono quelle nelle quali il motore tradizionale è affiancato da un propulsore elettrico. Ma questa classificazione è ancora insufficiente: tra loro, infatti, le ibride si distinguono in base all'importanza della parte elettrica nella trazione. La famiglia è divisa in quattro gruppi. Il primo è quello delle cosiddette micro hybrid: il contributo elettrico, qui, è ridotto ai minimi termini. Ci sono il sistema stop&start (che spegne automaticamente il motore al semaforo e lo riavvia non appena si schiaccia la frizione o l'acceleratore: lo scopo è duplice, ridurre il consumo e l'emissione) e, talvolta, il recupero dell'energia in frenata. Un gradino più su, ecco le mild hybrid: il motore elettrico, qui, non spinge in perfetta autonomia, ma svolge un compito di sostegno del motore a scoppio. Anche in questo caso, tuttavia, le batterie vengono ricaricate in frenata e in decelerazione. Passiamo al terzo livello: le full hybrid. Auto che possono sì viaggiare nella modalità totalmente elettrica (cioè: a emissioni inquinanti zero), ma con un'autonomia ridotta a pochissimi chilometri. Da uno a cinque. A quest'ultima specie appartiene la Toyota Prius, la prima (è in commercio dal 1997) e la più venduta al mondo (circa un milione e mezzo di esemplari) tra le ibride. In cima alla scala ci sono le Hybrid plug-in. Le batterie si ricaricano collegandosi (in inglese plug in, appunto) a una comune presa di corrente, nel garage di casa o su un'apposita (e per il momento introvabile) colonnina pubblica, e l'autonomia - ma dipende dalla pesantezza del piede sull'acceleratore... - è di 70/80 km. Oggi l'offerta è concentrata soprattutto sulle ibride. Poi c'è la famiglia delle macchine elettriche al 100 per cento, la realizzazione del sogno (antico) di viaggiare senza sporcare l'aria. Ma, appunto, per il momento, un sogno o poco più. 3 L'auto elettricaè davvero una novità? Presente e futuro vengono regolarmente tirati in ballo quando si parla delle macchine elettriche. Ma anche il passato avrebbe titolo per entrare nel discorso. Perché di questa alternativa "pulita" all'inquinante motore a scoppio si trovano tracce fin dall'origine della storia dell'automobile. Agli albori del Novecento l'opzione elettrica esisteva già e faceva notizia. Per dirne una: il 29 aprile 1899, la Jamais Contente, un veicolo a batterie dalla carrozzeria a forma di razzo e con quattro ruote poco più grandi di quelle di una bicicletta (qualcosa che potrebbe benissimo essere uscito dalle pagine di Jules Verne), abbatte il muro dei 100 km/h (105,88 per la precisione). Record assoluto. 4 I vantaggi sono molti, ma c'è anche qualche svantaggio? A frenarne la corsa dell'auto elettrica sono sempre stati i limiti tecnologici. Fino a oggi non è stato possibile ottenere un'autonomia degna di questo nome con batterie poco ingombranti. L'avvento delle batterie agli ioni di litio ha impresso una svolta assai interessante: alta densità di energia accumulata e ridotte dimensioni. Le batterie, finalmente, diventano sempre più leggere, più efficienti, più rapide nella ricarica. Ma costano molto care. Carissime. Come ha ammesso anche Sergio Marchionne, parlando della "sua" Fiat 500 EV. Il "pacco" al litio di una citycar, da solo, può arrivare a 15mila euro. Il che significa che quell'auto (la seconda auto di famiglia, usata per sbrigare le faccende cittadine) non può costare, all'incirca, meno di 30mila euro. Troppo alta, la soglia. Magari con un incentivo ce la si può fare, e sarebbe per questo auspicabile, ma lo scenario del consumo di massa, dati i costi, rimane un sogno nonostante i proclami dei costruttori in questi ultimi anni. Senza contare che l'autonomia, d'accordo, fa passi da gigante, ma dai teorici 150/200 km dichiarati si scende, in pratica, nel traffico quotidiano, di un buon terzo. Prezzo e autonomia sono, oggi, le "palle al piede" dell'auto elettrica: un veicolo, se va bene, da città e da flotta aziendale. 5 L'auto elettricaè davvero sicura? Si chiama "sistema acustico di sicurezza per i pedoni" ed equipaggia la Nissan Leaf, l'auto elettrica che la casa giapponese sta per lanciare sul mercato. L'insicurezza a cui si vorrebbe rimediare nasce dalla silenziosità del motore: anziché da un rombo (fastidioso o inebriante, dipende, ma pur sempre udibile), l'auto elettrica è accompagnata da un fruscio. Che nel traffico diventa impercettibile. Così il pedone attraversa la strada senza farci caso... A bassa velocità, un'auto elettrica produce 3 decibel, mentre a 60 km/h ronza come un'aspirapolvere. Anche le gomme (strette e a basso coefficiente di rotolamento) sono troppo discrete. Il problema è serio. Tanto da indurre il ministero dei Trasporti giapponese a prescrivere che in movimento le auto elettriche producano un suono di frequenze tra 2,5 kilohertz e 600 hertz. Anche negli Usa e in Europa, legge e tecnologia vanno in direzione opposta a quella seguita negli ultimi anni: dalla riduzione alla valorizzazione del rumore. La Leaf rileva la presenza di ostacoli e richiama l'attenzione. Ma la gamma di soluzioni è ampia. C'è chi ha dato alla sua bici elettrica la raucedine battagliera di una Harley-Davidson e a una Smart il ruggito di una poderosa 8 cilindri. È "soltanto" una questione di sound. Roberto Iasoni 15 settembre 2010
grande alleanza italiana Pubblico e privato si alleano per la sfida dell'auto elettrica Il progetto unisce imprese e università Lauto elettrica non solo non è più un sogno. Ma ha spinto lintero sistema italiano fatto di aziende private di tutte le dimensioni e di ogni settore, ministeri e istituti di ricerca a mettersi assieme per costruire una sorta di grande alleanza per arrivare a costituire piattaforme tecnologiche e candidare di fatto lItalia a patria del futuro sulla mobilità sostenibile ed elettrica. Non sarà una strada in discesa, né facile. Anzi, in molti Paesi come la Francia, in città come Londra la sfida è stata raccolta da tempo. E c'è chi come il sindaco della city, Boris Johnson, già ha dichiarato di voler fare della sua metropoli la capitale elettrica d'Europa, proprio iniziando dal favorire il massiccio uso di mezzi elettrici per gli spostamenti. Quello che però accadrà domani al ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca sarà una di quelle iniziative che concretamente potrebbero ridare slancio alla nostra competitività più di mille convegni e studi. Si presenteranno oltre 60 aziende. I nomi vanno dalla Fiat alla Ferrari, passando per la Piaggio ma anche per la Dupont, Electrolux, Eni, Enel, fino a Dallara e BTicino, Barilla, Geox, Pininfarina. A loro si assoceranno quasi 20 tra istituti di ricerca, università e ministeri. Ci saranno il Politecnico di Torino e Milano, l'Enea e i ministeri dell'Istruzione con quello dello Sviluppo Economico. Lo scopo sarà firmare una piattaforma di ricerca per la mobilità elettrica e si continuerà settimana prossima per avviare un'intesa sull'innovazione di prodotto. Sarà un modo concreto per tentare di mettere assieme in un super distretto virtuale quel patrimonio spesso disperso di ingegneri, creativi, abilità manifatturiera e progettuale, per presentarsi all'Europa come un sistema all'altezza del Paese. Per avere una voce sola e più forte, intercettando così finanziamenti e competenze. Non a caso a esserne motore sono stati i privati, le aziende che hanno bisogno di orizzonti lunghi. È lecito dubitare che si arrivi davvero a "far respirare" un progetto di questa natura che impegna imprese concorrenti tra loro, che coinvolge ampi settori pubblici; e tutto ciò in un Paese che negli ultimi anni è stato visto come tra i più litigiosi, impegnato spesso in lunghe discussioni senza sbocco. Ma è di questo che il Paese ha bisogno. Daniele Manca 15 settembre 2010
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2010-09-15 IL RAPPORTO Tram elettrici e piste ciclabili la città modello è Nottingham 50 km. per le due ruote, i centri commerciali non in periferia, un sistema che scoraggia l'uso dell'auto privata. Dall'Inghilterra un esempio da seguire dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI Tram elettrici e piste ciclabili la città modello è Nottingham LONDRA - E' famosa per il suo leggendario sceriffo, colui che dava la caccia Robin Hood, a quanto pare con scarsa fortuna. Ma adesso Nottingham può vantare un altro titolo: quello di città meno auto-dipendente di tutta la Gran Bretagna. La sua rete di autobus e tram, insieme a un gran numero di piste ciclabili e a un'avversione per i grandi shopping-center nei sobborghi, hanno convinto gli abitanti a utilizzare il meno possibile la macchina, preferendo mezzi alternativi, come i trasporti pubblici, la bicicletta o al limite le proprie gambe. In uno studio effettuato dalla Campaign for Better Transport, un'associazione per i trasporti ecologici, Nottingham ha ricevuto più voti di ogni altri città del Regno Unito per la qualità dei suoi trasporti pubblici e l'impegno a favore di una riduzione dell'inquinamento. Amministrata dal partito laburista, nell'ultimo decennio la città di Robin Hood ha fatto grandi investimenti in 50 chilometri di piste ciclabili, una rete di tram elettrici lunga 15 chilometri e un vasto servizio di bus urbani. Scoraggiando la creazione di vasti centri commerciali lungo la cintura di periferia, come è invece la norma in quasi tutte le altre città, le autorità locali hanno contribuito a ridurre gli spostamenti per fare la spesa o per fare shopping, dislocando la distribuzione commerciale nei quartieri, più vicino a chi ne deve usufruire. Una efficiente rete di scuolabus ha distolto la maggioranza dei genitori dall'accompagnare i figli a scuola in auto. Qualcuno che si lamenta c'è sempre: alcune associazione di commercianti ed esercenti, ad esempio, accusano l'amministrazione cittadina di volere esagerare, criticando in particolare nuovi piani per affibbiare una tassa di 300 sterline ad auto a tutte le aziende e agli uffici privati i cui dipendenti vengono al lavoro in macchina e la parcheggiano in centro. La municipalità replica che i proventi di questa insolita forma di tassazione andrebbero reinvestiti in trasporti pubblici. Si tratta comunque di un'ennesima misura per convincere la popolazione a non utilizzare l'automobile. "Il successo di Nottingham", afferma il rapporto che le ha assegnato il primato, "deriva dalla capacità di avere saputo offrire alla gente un'alternativa valida ai trasporti privati, piuttosto che cercare di tirarli fuori dalle loro auto semplicemente perché causano ingorghi o danneggiano l'atmosfera". Al secondo posto della graduatoria per la minore dipendenza dalle automobili c'è Londra, la cui metropolitana trasporta 4 milioni di persone al giorno, con gli autobus che portano altri 3 milioni di passeggeri e da questa estate l'introduzione di un vasto servizio di biciclette a noleggio che si possono prendere e depositare in appositi parcheggi sparsi per la città. Al terzo posto Brighton, e al quarto Manchester. (14 settembre 2010)
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